Il progetto Wee Can! è volto a promuovere l’empowerment socio
economico di donne rifugiate Siriane e delle donne vulnerabili delle
comunità ospitanti in Egitto, Giordania e Libano attraverso azioni volte a
favorire l’accesso sostenibile a fonti di reddito e il supporto sociale e
familiare (norme sociali) a percorsi di partecipazione economica femminile.
Il progetto Wee Can! è volto a promuovere l’empowerment socioeconomico di donne rifugiate Siriane e delle donne vulnerabili delle comunità ospitanti in Egitto, Giordania e Libano attraverso azioni volte afavorire l’accesso sostenibile a fonti di reddito e il supporto sociale e familiare (norme sociali) a percorsi di partecipazione economica femminile.
Capofila: Oxfam; partner in Egitto Cospe e MAIS
Durata 36 mesi: inizio 1 novembre 2018
Costo totale: 1.960.909,00 €
CO-finanziatore AICS (Agenzia Italiana di Cooperazione allo Sviluppo) 1.764.818,00 €
SDG 5: Raggiungere l’uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze
SDG 8: Incentivare una crescita economica, duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva ed un lavoro dignitoso per tutti
SDG 10: Ridurre le disuguaglianze all'interno e fra le Nazioni
Il presente intervento interverrà nei tre paesi nelle seguenti aree dei 3 paesi target del programma:
- Egitto: 1 area nel Governatorato di Damietta (Damietta) e 1 area nel Governatorato di Sharkia (Città del
decimo Ramadan)
- Libano: 3 aree nel Governatorato Nord (distretti di Tripoli, Minieh Dinieh, Koura) e 2 aree nel
Governatorato di Akkar (Mhammare, Benine)
- Giordania: 5 aree nel Governatorato di Ma’an (Jafr, Mraighah, Ma’an, Qasaba, e Athroh).
In termini di prospettiva di genere, in tutte queste località, la disuguaglianza di genere è declinata in severe norme sociali e legali che incidono sulle aspettative e gli atteggiamenti delle donne stesse, le loro famiglie e i loro parenti (soprattutto uomini), la comunità e l’ambiente in generale rispetto all’empowerment economico di esse.
Spesso le donne che vivono nelle zone rurali e remote devono affrontare pregiudizi ancora più marcati sul ruolo delle donne in quanto dovrebbero non solo essere completamente dipendenti dal sistema in cui sono inserite, ma anche rispettare regole tribali fortemente patriarcali. Le donne rifugiate siriane sono sottoposte a sfide ancora più complesse. Costrette a vivere in una situazione prolungata di delocalizzazione forzata, incertezza e povertà, le famiglie siriane affrontano l’improvvisa trasformazione dei ruoli di genere, poiché spesso le donne devono per necessità sviluppare capacità imprenditoriali e assumono spesso il ruolo di capofamiglia per garantire la sopravvivenza delle loro famiglie. Le gerarchie legate al concetto di genere possono cambiare nella pratica, ma questo non si riflette subito sulle norme consuetudinarie di genere. Inoltre, tali ostacoli sociali e culturali all’empowerment economico delle donne sono aggravati da un quadro politico carente e da lacune a livello di
diritto del lavoro.
In generale, la vulnerabilità delle donne nelle aree di intervento è alta in termini di difficoltà di accesso al mercato del lavoro, livello di accesso a formazioni professionali e specializzate e accesso al credito. In particolare, le donne siriane sono quelle che mostrano il più alto livello di vulnerabilità; il 68,9% delle donne intervistate non ha mai partecipato a formazioni professionalizzanti, il 29% sono analfabete e il 62,9% non ha mai lavorato nel corso della propria vita. Dall’indagine risulta che solo il 34,3% delle donne è attualmente occupata, l’84,6% delle donne siriane occupate non possiede un regolare permesso di lavoro;
· In termini di settori occupazionali, la sartoria (in passato con tasso di occupazione al 26,7% ed oggi al 18,1%) e l’insegnamento (21,3% in passato e 18,1% ad oggi) costituiscono i principali settori occupazionali nel mercato del lavoro. Vi sono inoltre altri impieghi da tenere in considerazione: parrucchiere (al 17,3% nel passo e oggi al 12,5%) e il settore agricolo (10,7% nel passato e oggi al 4,2%). Inoltre, da sottolineare che l’81,6% delle donne interessate dall’indagine non ha mai avuto occasione di relazionarsi con i circuiti bancari o con le istituzioni di micro-finanza;
· L’alto livello di marginalizzazione è legato anche a un basso livello di reddito familiare, che per il 40,1% delle donne intervistate varia dai 200 USD ai 400 USD al mese, mentre per il 28% di esse è inferiore a 200 USD. Il 34,6% delle donne ha dichiarato di essere responsabile del reddito dell’intera famiglia e il 21,8% ha più di 5 figli di cui occuparsi;
· Rispetto all’interesse delle intervistate in attività volte all’empowerment economico, il 59,3% si è dichiarato favorevole a frequentare formazioni professionalizzanti, e questo dato non varia a seconda che siano donne siriane o delle comunità locali. Il 48,7% dichiara di voler frequentare corsi di alfabetizzazione finanziaria (financial literacy). Infine, il 67% delle donne intervistate ha dichiarato di voler aprire una piccola attività imprenditoriale (il 56,5% delle siriane e il 75,2% delle donne vulnerabili delle comunità ospitanti). Nello specifico, la maggior parte delle donne è interessata ad un’attività sartoriale (25,7%), il 20,1% ad aprire un’attività come parrucchiera e il 43,8% esprime preferenze in altri settori come: l’agricoltura, mini market, negozi di vestiti e sevizi di catering e ristorazione.